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COVID-19 E RESPONSABILITA’ DEGLI ENTI AI SENSI DEL D. LGS. 231/2001

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Il D. Lgs. 231/2001 individua la responsabilità amministrativa dell’Ente limitatamente ai reati commessi dai propri dirigenti, amministratori o dipendenti in favore e a beneficio dello stesso Ente: è stata così introdotta nel nostro ordinamento la responsabilità in sede penale della persona giuridica che si aggiunge a quella della persona fisica, superando il brocardo latino “societas delinquere non potest”.

Per un corretto inquadramento della responsabilità dell’ente ex D.Lgs. 231/01, si richiama la nota sentenza Thyssen (Cass. Pen., Sezioni Unite, 24.4.2014, n. 38343) secondo cui trattasi di responsabilità che deriva i suoi fondamenti anche dal diritto penale e si colloca in un tertium genus che coniuga i tratti dell’ordinamento penale e di quello amministrativo.

La responsabilità dell’Ente può sorgere, in presenza dei presupposti specifici previsti dallo stesso D. Lgs. 231/2001, solo a fronte di particolari fattispecie di reato: gli articoli dal 24 al 25 quinquiesdecies del D. Lgs. 231/2001 contengono, infatti, il c.d. catalogo dei reati presupposto che, nell’arco degli anni è stato notevolmente ampliato.

Tra i reati presupposto, l’art. 25 septies del D. Lgs. 231/2001 richiama i “Reati di omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro”: si tratta di una tipologia di reati strettamente connessa all’emergenza sanitaria da coronavirus attualmente in corso.

Basti pensare al caso del dipendente contagiato dal Covid-19: in quali responsabilità potrebbe incorrere l’Ente e quali le misure da adottare per prevenire i rischi?

In linea generale e di principio, la società è esente da responsabilità se ha adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione e gestione (c.d. MOG) idoneo a prevenire la commissione di reati, affidando ad un organismo autonomo (c.d. O.D.V. – Organismo di Vigilanza) il controllo sul funzionamento e l’osservanza del Modello.

Con particolare riferimento alla tematica della Salute e Sicurezza dei lavoratori (disciplina contenuta nel D.lgs. 81/2008), il modello organizzativo deve prevedere un’adeguata valutazione dei rischi e le conseguenti misure di prevenzione e protezione per i lavoratori, appropriati provvedimenti per evitare rischi per la salute dei dipendenti, verifica periodica del rischio, adeguate misure di sorveglianza sanitaria, informazione e formazione dei lavoratori, vigilanza e rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori.

A fronte dell’emergenza sanitaria in corso, ulteriori misure di prevenzione e protezione sono state emanate direttamente dal Governo nei provvedimenti emessi per fronteggiare la diffusione e il contagio da coronavirus.

Così, il D.P.C.M. 11 marzo 2020 recante “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale”, all’art. 1 comma 7, con riferimento alle attività produttive prescrive (oltre all’utilizzo del lavoro agile e alla fruizione di ferie e congedi retribuiti) che “siano sospese le attività dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione” e che “assumano protocolli di sicurezza anticontagio e, laddove non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, con adozione di strumenti di protezione individuale”.

L’art. 42 del D.L. “Cura Italia” (D.L. 17 marzo 2020 n. 18 “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”) ritiene, inoltre, che “nei casi accertati di infezione da coronavirus in occasione di lavoro” si tratti di infortunio sul lavoro.

Ne deriva che in caso di dipendente contagiato dal virus nell’ambiante di lavoro, oltre alla responsabilità penale del datore di lavoro (in presenza ovviamente di tutti gli elementi costitutivi del reato), potrebbe sussistere la responsabilità della società ai sensi del D. Lgs. 231/2001, salvo che la stessa si sia dotata di un modello organizzativo che preveda una puntuale rilevazione del rischio, le misure per contrastarlo, l’informazione diffusa ai lavoratori e il controllo sull’osservanza delle misure, nonché una continuità di azione dell’Organismo di Vigilanza.

L’importanza degli interventi preventivi è stata confermata altresì dal Protocollo firmato il 14 marzo 2020 da Governo e parti sociali volto alla “regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”: si tratta di un documento condiviso che disciplina gli aspetti organizzativi quali l’ingresso in azienda, l’accesso dei fornitori in azienda, l’informazione ai lavoratori, l’uso di dispositivi di protezione individuale, la gestione degli spazi comuni quali mense e spogliatoi, al fine di ridurre il rischio da contagio.

 

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