Il problema del sovraffollamento negli istituti penitenziari italiani non è certo nuovo.
Sconosciuta per tutti è, invece, l’emergenza epidemiologica che ha sconvolto il nostro Paese e che ha richiesto un importante intervento normativo volto a ridurre il rischio di diffusione e contagio del Covid-19.
Tra le misure adottate dal Governo, la sospensione delle visite ai detenuti da cui è scaturita una vera e propria rivolta nelle carceri, fatta di proteste, sommosse, devastazioni e, in alcuni casi, addirittura evasioni (come avvenuto nel carcere di Foggia).
I problemi da affrontare – strettamente correlati tra loro – sono, da un lato, il sovraffolamento e, dall’altro lato, l’emergenza sanitaria in corso: se il virus dovesse entrare in qualche penitenziario, gli scenari potrebbero essere ben più gravi di quelli visti nei giorni scorsi.
Così, in questi giorni, non sono mancate iniziative, proposte e segnalazioni arrivate da più parti per fronteggiare tale problematica.
Alcuni magistrati di sorveglianza, di loro iniziativa, hanno assunto provvedimenti di decongestione del sovraffollamento: per esempio, sono state concesse le licenze necessarie a non far rientrare in carcere i detenuti semiliberi che escono al mattino dall’istituto, per farvi rientro alla sera.
Diversi gli interventi anche del Garante nazionale dei detenuti Mauro Palma: “bisogna alleggerire il carcere in modo drastico andando a incidere su tutte quelle situazioni in cui si può esercitare una sicurezza esterna senza mantenere la detenzione“; ancora: “le licenze e l’estensione della detenzione domiciliare da parte dei tribunali di sorveglianza sono un segnale positivo, ma mi auguro che ne arrivino pure sul piano legislativo”; tra gli interventi suggeriti dal Garante c’è l’applicazione ai semiliberi della detenzione domiciliare, così come a coloro che si trovano in stato di libertà e per i quali dovesse intervenire un provvedimento di esecuzione della pena divenuta definitiva.
Anche l’Unione Camere Penali ha proposto al governo di intervenire con un decreto legge che conceda la possibilità di trascorrere a casa il residuo pena per coloro ai quali sono rimasti da scontare meno di due anni.
Ancora, una segnalazione è stata inviata il 15 marzo 2020 dai Tribunali di Sorveglianza di Milano e Brescia al Ministro della Giustizia avente ad oggetto la “gravissima situazione degli istituti penitenziari della Lombardia a seguito dell’emergenza derivante dalla diffusione del contagio da COVID-19”; in particolare, si chiedono provvedimenti normativi di immediata applicazione, senza necessità del preventivo vaglio della Magistratura di Sorveglianza, che prevedano: – la sottoposizione a detenzione domiciliare speciale per coloro che hanno pena anche residua inferiore ai 4 anni e con accompagnamento della Polizia Penitenziaria al domicilio per la contestuale verifica dell’idoneità del domicilio stesso; – uno sconto di pena di 75 giorni in assenza di rilievi disciplinari, sempre di immediata applicazione; – una licenza speciale allo stato di 75 giorni ai semiliberi.
Quelle proposte sono tutte misure che avrebbero un impatto immediato: i detenuti con pene brevi e medio-brevi sono, infatti, la maggior parte nei nostri istituti carcerari.
Al momento, l’unico intervento normativo arrivato – in termini meno stringenti di quelli proposti da più parti – è quello contenuto nel Decreto Cura Italia che prevede una forma speciale di detenzione domiciliare per chi deve scontare una pena inferiore ai diciotto mesi, utilizzabile fino al 30 giugno, con un’istruttoria semplificata, ma anche con motivi ostativi nuovi, oltre alla previsione – per chi sconta pene sotto i 18 mesi ma sopra i sei – del braccialetto elettronico.
Diverse le criticità della previsione normativa: innanzitutto, la difficoltà – già esistente nell’ordinario – di reperire gli strumenti di controllo a distanza; in secondo luogo, l’impatto evidentemente ridotto della misura che è rivolta solo a chi deve scontare pene inferiori ai diciotto mesi e con la previsione di un numero maggiore di motivi ostativi; si pensi, per esempio al fatto che molti detenuti sono stranieri irregolari, privi di un domicilio idoneo dove scontare la detenzione domiciliare.
E’ evidente come la nuova detenzione domiciliare regolata dal Decreto Cura Italia non appaia risolutiva – concretamente ed efficacemente – del sovraffolamento carcerario all’epoca dell’emergenza sanitaria da Covid-19; in ogni caso, un riscontro effettivo alle criticità sollevate, sarà fornita dall’applicazione del decreto e dai numeri effettivi in termini di riduzione del popolo carcerario e del rischio da contagio.
MAR
2020